Le targhe SCV furono istituite il 31 gennaio 1930 e nelle successive settimane cominciarono ad esserne dotati i nuovi veicoli vaticani e quelli, certamente pochi, già esistenti.
Per una trattazione esaustiva seguo la suddivisione tradizionale in “Garage pontificio”, Garage nobile” e “veicoli di servizio”.
L’automobile era entrata in Vaticano molti anni prima, durante il pontificato di Pio X (1903-1914). La più antica segnalazione è del 1909, e si riferisce (“Le auto dei Papi”, di Valerio Moretti) ad una Itala modello 20/30 carrozzata da Locati e Torretta di Torino, donata proprio a papa Sarto dal vescovo di New York monsignor Farlen.
Tra il 1909 e il 1914 entrarono nelle rimesse pontificie altre due auto, una Fiat tipo 2 / 15-20 Hp, dono del Card. Bonanzo ed una non meglio precisata auto americana, probabilmente una Buick-Cadillac. Dalle note storiche risulta che Pio X non utilizzò mai questi veicoli, essendone orgogliosamente contrario all’ impiego.Nessuna delle tre auto fu targata: non vi era alcun motivo, dal momento che non uscirono mai dal Vaticano e al massimo percorsero qualche centinaio di metri nei viali dei giardini vaticani. Inoltre nessun funzionario italiano della Prefettura di Roma, che si occupava dell’ immatricolazione dei veicoli della capitale, né del Ministero dei lavori pubblici, che presiedeva al rilascio delle targhe diplomatiche, avrebbe mai osato imporre ad un’ auto del papa, “prigioniero” degli italiani, una targa di Roma. Anche il successore di Pio X, Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, pontefice dal 1914 al 1922) non utilizzò mai personalmente quelle auto, sempre ospitate nelle Scuderie vaticane.
Le cose cambiarono con Pio XI (Achille Ratti, pontefice dal 1922 al 1939), che fu il primo pontefice a servirsi di un’ automobile: si trattava di una Bianchi tipo 15 , donatagli dalle dame milanesi nel 1922.
L’utilizzo del mezzo al di fuori delle mura vaticane ne impose l’immatricolazione che, secondo le disposizioni della legge delle “Guarentigie”, avvenne al livello diplomatico. Infatti in base al riconoscimento al Vaticano del diritto di legazione, il Regno d’ Italia concedeva ai mezzi vaticani l’ immatricolazione diplomatica. La Bianchi (foto 016) fu targata C.D. 404. Nel settembre 1926 fu acquistata una seconda Bianchi, tipo 20, che entrò a far parte del Garage pontificio (foto 017). La vettura fu acquistata a Milano ed entrò in Vaticano munita di targhe italiane triangolari di prova contraddistinte dal codice di Milano (38) seguito dal seriale 3. (foto 018). Poi l' auto fu immatricolata con targhe diplomatiche italiane.
Il Garage nobile era costituito dai veicoli adibiti ai servizi dei palazzi vaticani e degli alti dignitari, laici e cardinali, che costituivano l’ entourage del pontefice. Fu istituito dopo l’abolizione del servizio delle carrozze a cavalli (1° gennaio 1928) , che per un lungo periodo aveva funzionato egregiamente visto che il servizio stesso operava quasi esclusivamente nel limitato territorio vaticano. Alcune circostanze tuttavia richiedevano l’ impiego di autovetture, ad esempio gli incontri istituzionali a Roma tra i più alti collaboratori del papa ed i vertici del Regno d’ Italia.
Queste automobili erano immatricolate con targhe italiane CD. Già dal 1910, come emerge dai documenti trovati da Sabadin, erano state rilasciate a veicoli vaticani quattro immatricolazioni diplomatiche, CD 71,73,75 e 162. Le prime tre probabilmente furono assegnate nel 1910, appena introdotte in Italia le targhe CD, ma si può supporre che i relativi veicoli circolassero già prima.
Allora ci chiediamo che targhe avessero, e la questione dunque è la stessa delle auto delle legazioni estere a Roma ante-1910. Probabilmente queste auto circolavano con targhe del paese di origine, munite a bordo di documenti diplomatici speciali, ma per il Vaticano ovviamente ciò non era possibile dato che le targhe SCV ancora non esistevano. Ritengo che le automobili vaticane circolassero senza targhe, semplicemente munite solamente di documenti speciali rilasciati dal Ministero italiano dei lavori pubblici.
L’auto più presente nei documenti storici è la CD 75. Una delle sue ultime apparizioni (foto 018) risale al 5 dicembre 1929 (visita al re da parte del segretario di Stato vaticano card. Gasparri e del Governatore Serafini). Dopo pochi giorni è probabile che il veicolo sia stato tra i primi ad essere immatricolato con targhe SCV. L’ automobile è una Fiat 525: poiché nel 1910 non era ancora prodotta, è presumibile che la targa originale CD 75 appartenesse ad un altro veicolo, anche se ciò contraddice la normativa italiana del 1909 sulle targhe diplomatiche che non consentiva il passaggio di un numero di targa da un mezzo ad un altro. Non è da escludere che per i veicoli vaticani fosse prevista un’ eccezione, garantendo ad essi un’ immatricolazione diplomatica per così dire “permanente”.
L’ultimo settore vaticano ad essere motorizzato fu quello dei servizi generali. A lungo ci si servì di carri a trazione animale nello stretto ambito territoriale, mentre l’introduzione di merci da Roma avveniva generalmente con veicoli a noleggio italiani. La conversione ai motori avvenne con una certa pomposità nel 1928. Furono infatti acquistati ben 25 furgoni Fiat carrozzati Garavini a Torino, destinati appunto ai servizi postali, al trasporto di merci e derrate ed altro. Tali mezzi non avevano targhe diplomatiche, cosa ovvia visto l’ utilizzo.
In alcune immagini appaiono muniti di targhe triangolari italiane di prova del 1927, ad esempio (foto 020) “4 Roma”, ma è incerto se di trattasse di immatricolazione vera e propria o solo momentanea per il tragitto dei mezzi acquistati da Roma in Vaticano.
Esiste l’ ipotesi che fossero usate targhe provvisorie italiane del tipo 1914, ancora in vigore nel 1928, ipotesi suffragata da quanto si legge nella “Convenzione tra la Santa Sede e il Regno d’ Italia per disciplinare la circolazione degli autoveicoli nei territori dello Stato della Città del Vaticano e del Regno d’ Italia”, firmata in Vaticano il 28 novembre 1929 dal Governatore Camillo Serafini e dall’ Ambasciatore italiano Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon.
L’accordo prevedeva che, nell’ attesa che il Vaticano si dotasse di uffici per il rilascio di targhe e patenti proprie, i cittadini vaticani ottenessero tali documenti presso i Circoli ferroviari di ispezione del Regno. E le targhe rilasciate dai Circoli erano appunto quelle provvisorie.
E’ vero che la Convenzione fu firmata oltre un anno dopo l’ acquisto dei furgoni Garavini, ma è possibile che la Convenzione stessa abbia semplicemente confermato e ufficializzato la prassi italiana di immatricolare i veicoli di servizio vaticani con targhe provvisorie.
Infine un cenno alle autovetture private in Vaticano prima del 1930. Ritengo che alcuni cardinali e dignitari laici ne fossero proprietari. Molto spesso queste personalità appartenevano a famiglie nobili ed è proprio in questo ambito che, per motivi di censo e di disponibilità economica, si trovava il maggior numero di possessori di autovetture.
Alle automobili dei cardinali era concessa l’immatricolazione diplomatica, mentre i dignitari laici dovevano seguire le procedure italiane per il rilascio di targhe ordinarie di Roma.